Una domenica alla scoperta dei borghi può diventare un’esperienza davvero suggestiva e indimenticabile. Andare alla ricerca di piccoli centri custodi di storia e tradizione, immersi in paesaggi da favola può regalare emozioni davvero particolari. I borghi fanno del nostro paese la vera essenza perché è proprio in questi posti così piccoli che si ritrova ancora il sapore autentico delle cose. In alcuni borghi tutto sembra rimasta fermo in tempi lontani, in epoche dove non esistevano i social, dove non si parlava con uno slang moderno, né veniva utilizzara nessuna parola internazionale, complice sicuramente la loro posizione, ma anche i loro abitanti. In Italia non è così strano trovare delle zone dove si parlano altre lingue, dove sono sopravvissuti dialetti, dove sono vive lingue ormai non più comuni, estinte addirittura che rendono questi posti davvero lontani dalla nostra cultura…
L’Italia non è solo dell’italiano
L’Italia è un puzzle strepitoso di piccole realtà e ognuna ha un colore diverso, una forma inedita, ha un suo sapore, una sua anima e anche una sua lingua. E’ proprio dei borghi il dialetto, che spesso tendiamo a banalizzare, a snobbare, ma è anche la lingua che ha in sé tutta la cultura, l’autenticità di un posto. Sono tantissimi i dialetti italiani, alcuni più noti altri ai più sconosciuti e incomprensibili. Vicino ai dialetti esiste in Italia qualcosa di ancora più particolare delle vere e proprie lingue riconosciute che non sono l’italiano. Nel nostro paese sono ben 3 milioni di persone che parlano un’altra lingua che fanno parte di quelle che vengono chiamate “minoranze linguistiche”. Tra le più comuni c’è sicuramente il ladino parlato in Trentino Alto Adige, ma ce ne sono altre che sono delle testimoniante reali dei mix culturali del nostro paese e che sono la traccia di come il nostro paese fosse un punto di incontro importante con gli altri popoli europei. Una di queste lingue è l’albanese che influenza ancora oggi parte della Basilicata, della Calabria e della Sicilia, c’è poi il ladino come abbiamo detto , ma anche lo sloveno, le lingue che ancora oggi sono attuali. A fianco ad esse esistono però dei posti dove si parlano lingue che oggi non esistono più, che si parlano solo in quel posto. Tra queste c’è il Grecanico ed è una lingua estinta che si parla di radice ellofona che si parla solo in un piccolo centro della Calabria, Gallicianò.
Gallicianò: il borgo calabrese dove il tempo di è fermato
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E’ facendo un viaggio nel cuore del Parco Nazionale dell’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria che si scopre questo piccolo centro Gallicianò, un posto che è traccia rara e stupenda della grandiosa Magna Grecia in Calabria. Questo piccolo centro è una frazione del comune di Condofuri ed è l’unico paese dove si parla in ambiente domestico la lingua del Grecanico. La lingua è rimasta intatta proprio perchè la piccola frazione grazie al suo isolamento dai centri più grandi ha saputo mantenere forti e vive le tradizioni culturale e artigianali. Sono solo 60 gli abitanti di Gallicianò e la magia che si respira qui è davvero indescrivibile. Tutto qui parla di Magna Grecia.
Cosa vedere a Gallicianò
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Tornare indietro nel tempo, è il fil rouge che vi accompagna nella visita di questo borgo, sentire addosso la storia della grandiosa magna Grecia in ogni suo angolo. La prima tappa per farlo è sicuramente, una piccola chiesa ortodossa dedicata alla “Panaghìa tis Ellada” cioè la la sua deliziosa chiesetta Madonna della Grecia che di domenica richiama anche gente dai paesi vicini dove si celebra la liturgia cattolico-bizantina regalando un’esperienza davvero particolare. Accanto alla chiesetta è stato costruito un anfiteatro dove si può ammirare un panorama davvero meraviglioso su tutta la vallata. Questo piccolo borgo è ideale per chi vuole regalarsi una gita intima, i suoi vicoli hanno un’allure romantica e a confermarlo è proprio la Fontana dell’amore. La leggenda dice, infatti che qui si incontravano spesso i fidanzati che facevano il rito del fidanzamento ufficiale, noto proprio nella lingua del Grecanico come il “cippitinnàu”, un nome che descrive il rito ovvero il momento in cui il lo spasimante poneva, dopo averlo bruciacchiato, il “ccìppo” un pezzo di legno davanti alla porta di casa della donna che amava e se il padre della sposa lo portava in casa significava che il matrimonio si poteva fare e quindi il fidanzamento ufficiale alla fontana. Per comprendere meglio la comunità di questo borgo vale la pena visitare il Museo Etnografico dedicato creato da Angela Bogasari Merianoù, una filosofa greca giunta a Gallicianò negli anni ‘70 che ha raccolto tanti materiali offerte dagli abitanti in modo da tenere in vita le tradizioni del borgo che comunque con il tempo tendono a sparire.